martedì 12 luglio 2016

Adiòs muchachos - Juan Marsè #BookTalk



Adiós muchachos (titolo originale Si te dicen que caí è un libro di Juan Marsé del 1973, pubblicato in Messico (la censura dei regime franchista non ne permise la pubblicazione in Spagna) e parla di un gruppo di ragazzi e della loro vita fra le strade di una Barcellona ancora devastata dagli effetti della guerra civile spagnola.
E' il 1944, il regime franchista è ancora abbastanza giovane, Java e i suoi amici stanno per vivere vicende che li porteranno a crescere, aprire gli occhi, a perdersi di vista...

Un gruppo di adolescenti sullo sfondo di una Barcellona post guerra civile: i racconti, le avventure, il regime, la resistenza e, sullo sfondo, la ricerca disperata di una donna dai capelli rossi...

[TEMPO DI LETTURA: 4 MINUTI]


adios muchachos juan marsè si te dicen que caì

ADIÓS MUCHACHOS (1973)

Juan Marsè

ed. Frassinelli


342 pag. - 5€ circa (usato)



La guerra civile spagnola: un (brevissimo) preambolo

La storia di Spagna è molto interessante, si costella di avvenimenti devastanti e di grandi riprese che si avvicendano nel corso dei secoli, ma il Novecento spagnolo è certamente uno degli argomenti più appassionanti della nostra contemporaneità.

Il regime di Francisco Franco è uno fra i regimi autoritari più longevi, durato dal 1939 al 1975, anno della sua morte: nel 1936 il colpo di Stato dei nazionalisti rovescia il governo repubblicano e inizia una sanguinosa guerra civile che vedrà affrontarsi i fascisti di Francisco Franco e il fronte popolare di ispirazione marxista.

La guerra civile spagnola è un evento che ha un fortissimo impatto sulla cultura e coinvolge tutta Europa: moltissimi intellettuali arrivano da altri paesi per combattere con i socialisti (lo stesso Orwell combatterà al loro fianco), durante la guerra vengono uccisi molti intellettuali che si schierano contro i nazionalisti, fra questi Federico Gracía Lorca.

La guerra si conclude dopo tre anni, nel 1939, anno in cui inizia ufficialmente il regime di Francisco Franco. Il regime sconvolge profondamente la cultura spagnola: c'è solo una cultura, quella del regime, solo una lingua, quella del regime. 
Per culture come quella catalana, che hanno sempre rivendicato una propria indipendenza dalla cultura "nazionale" spagnola questo periodo sarà ancora più buio: la loro cultura è vietata così come la loro lingua.

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Cubismo? Impressionismo? Brutalismo?


Juan Marsé è un autore della cosiddetta "generazione del '50": nello studio della letteratura spagnola del Novecento si tende a dividere gli autori in "generazioni" ma spesso si tratta esclusivamente di una suddivisione "anagrafica" perché la generazione non costituisce di per sé una "scuola poetica" e ha al suo interno autori molto eterogenei.

La tecnica narrativa di Juan Marsé è molto peculiare, non credo di aver mai letto nulla di simile: vi ho trovato caratteristiche del realismo più crudo ma paradossalmente anche tratti affatto realisti anzi impressionisti, cubisti, modernisti.
La linea temporale è spezzata, forzata, non si capisce esattamente di quanti piani temporali l'autore ci stia parlando. C'è sicuramente un passato e un presente nello svolgimento del racconto ma i due piani temporali si sovrappongono, la narrazione spesso segue il flusso di pensieri di chi la racconta così che il lettore si trova a rimbalzare fra quel passato e quel presente trovandosi costretto ad adattarsi a quel flusso di pensieri.

Oserei definire la tecnica narrativa come cubista: come Picasso, nelle sue tele, riassume in una sola immagine tante prospettive diverse (tanti momenti diversi), così Juan Marsé sembra comporre il suo romanzo di ritagli, pensieri, racconti, conclusioni tratte da tante menti diverse.

"Strade non lastricate, muri irti di vetri rotti e marciapiedi sventrati, il quartiere era questo. Mucchi di spazzatura all'angolo di calle de las Camelias con Secretario Coloma sembrava più alto e pieno di saporite sorprese ma si trattava del livello del torrente, sceso dopo le ultime piogge. A spuntare dal fango non era una scarpa vecchia ma un ratto avvelenato. [...] Passò la tempesta ma era rimasta una pioggerellina tenebrosa, una cortina interminabile e ingarbugliata che cancellava le facciate lebbrose, i portoni e le finestre che ancora reggevano spezzoni di vetro e legni carbonizzati."

Come i Ragazzi di vita di Pasolini


Pur con le dovute differenze (e divergenze), Adiós muchachos mi ha molto ricordato Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini: un gruppo di ragazzi vive alla giornata fra le strade di una Brcellona post-bellica. Uno di loro fa lo straccivendolo, alcuni fanno i chirichetti, altri vivono alla giornata vendendo cartoline illustrate e libri usati per pochi spiccioli. Una delle maggiori attrazioni dei ragazzi è la casa famiglia in cui vivono le orfane: le ragazze.
Fra i due gruppi si vivranno molte avventure: non belle avventure, non aspettatevi un romanzo avventuroso ed eccitante alla Huckleberry Finn: questi sono ragazzi tremendi, la guerra gli ha portato via l'infanzia, sono come adulti in miniatura, incattiviti, cinici.
Le prime avventure sessuali non hanno nulla a che vedere con la tenerezza dell'adolescenza: sono violente, brutali, le ragazze vengono legate, seviziate.

Sullo sfondo di tutto questo Juan Marsé colloca un mistero: c'è una donna, una prostituta con una cicatrice sulla spalla, uno dei ragazzi l'ha conosciuta, una volta, e mai più rivista ma vuole assolutamente ritrovarla. Nessuno degli altri ragazzi si spiega l'ossessione di Java nel voler ritrovare la donna almeno finché non si scopre che anche il regime la cerca..

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